Marco Benetton, nato a Padova il 12/04/1975. Diplomato in Ragioneria. Allenatore UEFA B, Istruttore CONI-FIGC, Individual Soccer Trainer, Mental Coach Professionista. Attualmente maestro di Tecnica Position Specific presso Union Vis Lendinara

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Quella che proverò a descrivervi è l’ esperienza che ho avuto la fortuna di poter vivere assieme alla squadra di calcio di cui sono il Mister.
Sabato 01 Novembre 2014 abbiamo affrontato la squadra del Carcere Due Palazzi di Padova iscritta, da quest’anno, al Campionato di Terza Categoria padovana.
Una grande opportunità per tutti che mi ha dato la possibilità  di conoscere una  realtà a me ignota, quella del carcere…
Nel tragitto che separa la mia dimora alla casa circondariale molti pensieri hanno invaso la mia testa e nel mentre provo a buttare giù qualche mia considerazione continuano a scorrere come un fiume in piena.
Ho provato ad immaginarmi l’ambiente in cui mi sarei trovato, le persone con cui avrei condiviso qualche momento di Sport e cosa avrebbe potuto insegnare a me e a loro questa esperienza che a breve avrei vissuto.
Non avendo mai avuto prima modo di approfondire e di relazionarmi con questo mondo, di cui poco si parla, l’immaginazione mi ha portato a pensare per stereotipi, quelli che ci vengono imposti dai media, e quindi che mi sarei trovato di fronte ad un ambiente inumano, degradante e violento, pieno di persone “diverse” e pericolose.
Prima di varcare l’ingresso ho provato una sensazione forte, difficile da spiegare… un mix di emozioni contraddittorie.
La prima impressione, giunto all’interno, è stata la mancanza di libertà e di respiro. Sono nel cortile, privato di tutti gli effetti personali solo con il mio documento appresso, e mi guardo intorno… percepisco un’aria strana, diversa, non cè nessuno in giro… veniamo tutti istruiti alle regole a cui dobbiamo attenerci, “scortati” prima negli spogliatoi e poi portati in campo. Nelle immediate vicinanze scorgiamo la dimora dei detenuti, un colosso di cemento di colore grigio,  pieno di tante piccole finestre dalle cui inferiate si intravedono alcuni “ospiti” che con un cenno ci salutano. Una saluto triste, freddo, quasi a significare una richiesta di aiuto.
In questi momenti che stanno per precedere il contatto con i detenuti sono pervaso da curiosità e molta confusione… se da una parte l’emozione è tanta dall’altra cresce in me l’ansia e l’agitazione.

Le persone che mi sono trovato di fronte erano e sono persone normali, vestite con felpe, magliette, tute sportive e scarpe da ginnastica. L’accoglienza è stata positiva: strette di mano, sorrisi e qualche battuta scambiata hanno contribuito a mettere tutti a proprio agio in un ambiente così strano ed irreale. La  voglia di misurarsi, di battersi, di beneficiare di un momento “speciale” era tangibile dai loro sguardi… i loro occhi seppur tristi erano pieni di speranza!
Durante i 90′ ho potuto apprezzare non solo l’impegno e l’agonismo messo in campo da questi ragazzi ma anche l’unione di intenti, l’aiuto reciproco, il rispetto delle regole e dell’avversario… cose che solo lo SPORT può insegnare.
Io non so che cosa abbiano fatto, quali crimini abbiano commesso, non li giudico, credo solamente che ognuno di noi possa sbagliare ed è giusto poi prendersi le proprie responsabilità! Ritengo inoltre giusto che queste persone debbano essere aiutate a compiere un percorso attraverso il quale possano capire i loro errori ed essere rieducate centrando l’obiettivo del reinserimento nella società.
È stata esperienza di grande impatto, triste ma allo stesso tempo bella e piena di umanità… un’ esperienza di vita indimenticabile!

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Ragazzi non mollate… fuori la vita continua e la libertà è lì che vi aspetta!

Ci vediamo al ritorno!

Chi di voi ha avuto un esperienza simile? Lasciate la vostra testimonianza nei commenti, sarà un bellissimo modo di confrontarsi e far conoscere una realtà “paralela” come quella del carcere.

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